Da un rapporto europeo del 2012 risulta che l’italiano si posiziona al sesto posto fra gli idiomi più parlati come seconda lingua (L2) nel mondo. Questo significa che tante persone, per i motivi più diversi, studiano italiano un po’ dappertutto e può darsi che un indonesiano, un macedone e un albanese parlino fra di loro in italiano, perché per loro quella è la lingua veicolare. Se si gira un po’ all’estero, si scoprirà quasi subito che non è affatto raro cominciare una conversazione in inglese e proseguirla dopo poco in italiano, con gran piacere degli interlocutori. E qual è un modo efficace per imparare l’italiano? Senz’altro entrare in contatto con la cultura del Paese e volerla coltivare. Quella diventa il volano di ogni motivazione a imparare. Solo qualche esempio: recentemente ho incontrato una donna di origine francese che ascoltava sua madre cantare le canzoni italiane degli anni ‘60. Bene, che cosa fa ora nella vita? Sta concludendo un dottorato di ricerca all’Università di Bologna. Altro esempio: un soldato brasiliano che vuole avanzare nella carriera cosa fa nel tempo libero? Segue i corsi di una scuola privata di italiano perché sogna di essere destinato in qualche altro Paese, e chissà che non sia proprio l’Italia. E una artista del Kazakistan, iscritta all’Accademia di Belle arti, spera fortemente di vincere un concorso in Italia per insegnare Tecnica dell’incisione, magari nel nostro Sud. Come molti ormai sanno, nello studiare una lingua è soprattutto la motivazione personale che fa la differenza. Un insegnante può risvegliare curiosità, dare informazioni utili, sapere spiegare bene le regole grammaticali ma se avrete voglia di immergervi nella cultura, nello stile di vita, nei sapori, nei profumi, nei gesti e nelle strade del paesaggio italiano sia umano che naturale, allora davvero imparerete le parole insieme alle cose corrispondenti. E mi raccomando, studenti di tutto il mondo: preparatevi a sbagliare, sbagliare e sbagliare ancora, senza vergogna! Per parlare bene, c’è bisogno di darsi tempo, correggersi pian piano, con lentezza, è una forma di saggezza, antica proprio come l’Italia.